Credetemi, non è affatto facile per me scrivere queste righe con la consapevolezza che molti di voi mi bolleranno come “il solito ipocrita, che piange per questi morti e non per gli altri”. E voglio anche dirvi che questo non è un articolo come quei gruppi che nascono su Facebook poco dopo la morte di un personaggio famoso.
Io c’ero. Io faccio parte di quella che viene definita la “generazione dell’11 Settembre”. Avevo solo 13 anni, abbastanza per capire ma non non sufficienti per capire a fondo. Quel giorno, in un modo o nell’altro, mi ha cambiato la vita. Ricordo il vero e proprio terrore che ho provato guardando le immagini in TV e pensando a quali potessero essere le conseguenze sulla vita di tutti i giorni del “mondo libero”.
Al TG5, ieri sera, hanno parlato di quella mattina (pomeriggio in Italia) come un evento “ormai stabilmente relegato ai libri di storia”. Beh, permettetemi di dissentire. Basta un briciolo di realismo per guardarsi attorno e capire che molte cose sono figlie di quei maledetti trenta minuti. Per questo motivo, per le conseguenze che ancora riempiono la nostra vita, credo sia doveroso ricordare quel giorno.
Pensare al futuro, certo. Ma capendo da dove ripartire. Per questo motivo ho scelto come immagine di apertura le “tribute lights” e non le torri in fiamme. Perché quell’evento fa parte del passato solo se lo ricordiamo come un nuovo punto di inizio.
PS: notate che non ho parlato di Bush, di Bin Laden e nemmeno delle ipotesi più disparate.
PS2: Se siete in possesso delle registrazioni dei telegiornali di quel pomeriggio, vi prego di lasciare un commento.
PS3: scusatemi se non avete capito molto, questo è uno di quei post in cui l’emozione batta la grammatica