La sveglia suona molto presto. Sono le 3:50 (ora italiana). La valigia e il bagaglio a mano sono pronti già da ore. Finalmente il giorno della partenza è arrivato. I tre giovani italiani alla conquista della West Coast! Alle 5:00 siamo a Malpensa ad aspettare il check-in. Voliamo con AirFrance che ci porta prima a Charles De Gaulle e poi, dopo uno scalo di un paio d’ore, a San Francisco. Scopriamo che con questa compagnia il check-in si può fare on-line (o comunque va effettuato dalle macchinette automatiche in aeroporto). Per quanto riguarda il bagaglio i limiti imposti sono 23 kg e una misura di altezza, larghezza e profondità che non superi i 158 cm. Il bagaglio a mano (a patto che sia al massimo uno zainetto) non vi creerà problemi. Sappiate infine che nel caso di due voli con la stessa compagnia con uno scalo in mezzo (solo se effettuato in Europa, se in USA dovranno fare dogana e quindi dovrete dirigervi al “baggage claim”) i vostri bagagli saranno trasportati automaticamente sul secondo aereo. Alle 7:00 siamo sull’aereo, dopo aver affrontato il classico controllo al metal detector per le persone e ai raggi X per gli accessori (è possibile che vi perquisiscano ma si tratta di una procedura assolutamente professionale). Ricordatevi di riporre sul carrellino dei raggi X il bagaglio a mano, eventuali cellulari/portafogli ecc e, fuori dal bagaglio a mano, tutti i dispositivi elettronici (anche i semplici caricabatteria). Il volo parte con qualche minuto di ritardo ma l’arrivo a Parigi è puntuale. Sono le 8:40. L’aeroporto francese è abbastanza grande ma non farete nessuna fatica ad identificare il giusto Gate dato che di norma si trova nello stesso terminal. Dopo un controllo del passaporto, una breve attesa e una mezzoretta di ritardo saliamo sul volo a lunga tratta che ci porterà negli States. L’apparecchio ha poco da spartire con quello usato per il primo volo. È davvero enorme, con molti più posti ed ogni sedile offre al passeggero uno schermo a colori e una presa per le cuffie per riprodurre i contenuti multimediali offerti dalla compagnia o per seguire in diretta lo stato del volo. Dobbiamo dire che il personale di bordo è davvero disponibile e cordiale. Se siete diretti in America vi verrà consegnato un foglio blu del dipartimento dell’immigrazione che dovete compilare con alcuni dati personali, il numero di passaporto e alcune informazioni sul vostro viaggio. Tenete con cura questo foglio e non commettete errori nel compilarlo. Vi servirà una volta arrivati a destinazione! Il volo parte alle 11:10 e, sembrerà banale, ma è davvero lungo. Dormire non è semplicissimo (né comodissimo) ma di certo non impossibile. Durante le 11 ore di traversata vi verranno serviti due pasti mediocri e sarà messa a disposizione una sorta di “area self-service”. La cosa che abbiamo trovato strana è la rotta: da Parigi siamo saliti in Inghilterra, in Irlanda e in Islanda, poi abbiamo sorvolato la Groenlandia per poi puntare verso San Francisco arrivando da nord. Non abbiamo capito se è il percorso standard o se ci sono state delle deviazioni. Atterriamo sul suolo americano alle 13:40 ora locale. San Francisco ha un fuso orario di nove ore indietro rispetto all’Italia. L’aeroporto di SFO è davvero carino, ma prima che riusciate ad imboccare l’uscita dovrete superare indenni le innumerevoli barriere della sicurezza: al timbro del Passaporto vi verranno poste alcune domande e vi verrà chiesto di lasciare le impronte digitali di entrambe le mani nonché una foto del vostro viso. Dopodiché, se siete fortunati come noi, vi verrà richiesta per ben 3 volte la carta blu che avete compilato sull’aereo. Attendete per qualche minuto l’arrivo dei vostri bagagli che, sempre se siete fortunati, verranno di nuovo ispezionati. Ricordate: non è ammesso portare cibo dentro gli Stati Uniti. A questo punto ce l’avete quasi fatta! Saliamo di un paio di piani e prendiamo il trenino elettrico che circumnaviga l’aeroporto fino ad arrivare alla zona dei noleggi di macchine. La nostra compagnia e Dollar e l’auto è una Dodge Charger molto carina, spaziosa e confortevole. Sistemate le formalità burocratiche ci vengono consegnate le chiavi. Ricordate, fate sempre una buona assicurazione (se ne prendete una all-inclusive rifiutate qualsiasi altra cosa che puntualmente vi viene proposta al ritiro della macchina) e noleggiate il navigatore (o portatevi il vostro, ve lo consigliamo!). Ora siamo liberi. La strada verso il primo albergo non è lunghissima ma passa per il centro della città e ci permette di dare una prima “sbirciata” a Downtown. Il cambio è automatico e guidare qui è più semplice che in Italia, a patto di ricordare un paio di cose: in genere agli stop ci si ferma sempre e si da la precedenza a chi arriva per primo (spesso negli incroci non ci sono linee che delimitano lo STOP, fermatevi un metro circa prima dell’incrocio per dare la possibilità ai pedoni di fermarsi), se non è esplicitamente vietato è possibile svoltare a destra con il semaforo rosso controllando prima che non arrivi nessuno, rispettate sempre i pedoni e i passaggi pedonali perché qui lo danno per scontato. Arriviamo all’ Holiday Inn al 1300 di Columbus Avenue, effettuiamo il checkin e chiediamo il parcheggio riservato per tutti e quattro i giorni (40$ al giorno). L’hotel è carino e la camera è spaziosa (ma bisogna aprire un po’ le finestra). Qui, come in tutta l’America, utilizzano prese diverse dalle nostre e anche i valori della corrente sono diversi: assicuratevi che gli apparecchi che volete portare supportino i 110V a 50 Hz. Se non fosse così dovrete acquistare un trasformatore, mentre in caso contrario basta un comunissimo adattatore. Tempo di sistemare i bagagli e usciamo per dare un’occhiata alla zona del Pier 39 di sera. La prima impressione è di una zona davvero carina, proprio come viene sponsorizzata. Decidiamo di cenare da Boudin, lo specialista del pane. Un consiglio: evitate i sandwich e puntate sulle zuppe servite all’interno della caratteristica forma (una fra tutte Clam Chowder Bread Bowl). Lo ammettiamo, siamo stanchi e fa abbastanza freddo. Torniamo in albergo e andiamo a dormire.
Una risposta a “American Trip – Day 1”
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