“Non dire gatto finché non ce l’hai nel sacco” – così recita un noto proverbio. Che il buon senso questa sera ci permette forse di non considerare troppo.
Visto che non tutti hanno seguito le maratone di 10 ore di Mentana su La7 riepiloghiamo in breve le perle di saggezza del Partito Democratico e del suo Segretario Bersani a partire da ieri mattina, quando sono iniziate le votazioni per l’elezione del dodicesimo Presidente della Repubblica:
Bersani partiva probabilmente dalla volontà di avere un PdR “di rottura”, che gli consentisse di avere un incarico pieno e andare in Parlamento a cercarsi i voti. Voleva Prodi.
Poi, mentre arrivavano i primi inviti di convergenza dal M5S sul nome di Rodotà, Bersani annunciava (un po’ a sorpresa) la volontà di eleggere un PdR condiviso con il Centrodestra e fa il nome di Marini. I suoi elettori scendono in piazza a protestare contro l’inciucio, Grillo e Monti si infuriano, il PdL gongola e non fa mancare neanche un voto. Peccato che metà dello stesso Partito Democratico affossa la linea del Segretario e fa mancare a Marini il supporto necessario. Il primo candidato viene bruciato in un modo così forte da non poter essere più ripresentato.
Sono circa le tre del pomeriggio. Bersani, forse un po’ frastornato, annuncia scheda bianca fino alla quarta votazione, quella maggioranza assoluta.
Questa mattina, dopo una lunga nottata, Bersani cede, abbandona la linea del dialogo e candida in pompa magna alla quarta votazione Romano Prodi, incassando applausi e l’unanimità della riunione appositamente convocata.
I democratici arrivano in Aula e la trovano semi-deserta, dato che PdL e Lega decidono di non partecipare al voto (per testare la tenuta dei Montiani sul nome di Cancellieri). Dopo una mattinata di fitte trattative tra il Pd e Monti per cercare la più ampia convergenza possibile si arriva al voto del pomeriggio con la sensazione che Prodi ce la possa fare, o al massimo che tutto venga rinviato a domani mattina.
Invece succede l’inenarrabile: i Montiani votano compatti la Cancellieri, così come i Grillini continuano a fare con Rodotà. E Prodi, badate bene, ottiene solo 395 voti. Cento in meno di quelli che l’avevano candidato all’unanimità solo poche ore prima. Vendola annuncia che i voti dei suoi erano segnati. Questo vuol dire, incredibile, che le 100 defezioni sono TUTTE interne al PD.
Il partito corre in ritirata. Inizia, molto in anticipo sulla tabella di marcia, la notte dei lunghi coltelli.
Per qualche ora non si sa nulla. Poi iniziano ad arrivare le prime conseguenze, tanto importanti quanto clamorose:
+++ Ore 20:44 – Rosy Bindi si dimette dalla Presidenza dell’Assemblea PD con questa dichiarazione: “Il partito ha dato cattiva prova di se ma la responsabilità non è mia: non sono stata direttamente coinvolta nelle scelte degli ultimi mesi” +++
+++ Ore 20:50 – Romano Prodi ritira ufficialmente la sua candidatura con questa dichiarazione: “Chi mi ha portato fin qui si assuma le proprio responsabile” +++
+++ Ore 22:28 – Pierluigi Bersani annuncia ufficialmente le sue dimissioni dalla Segreteria del PD con questa dichiarazione: “Uno su quattro ha tradito, è inaccettabile” +++
Penso di non esagerare definendo la giornata di oggi la più disastrosa nella storia del Centrosinistra italico. Nel giro di una manciata di minuti un’intera area di pensiero ha perso Presidente, Segretario e ispiratore e collante politico. Il tutto, non dimentichiamolo, partendo da una situazione che faceva presagire, non più di quattro mesi fa, una larga vittoria elettorale con maggioranza solida e compatta sia alla Camera che al Senato, in grado di garantire una agevole elezione proprio del Presidente della Repubblica.
Ora non so cosa accadrà domani, alla quinta votazione. Né tanto meno posso immaginare quello che capiterà alle ceneri del PD. Quello che so per certo è che da queste ceneri potrebbe rinascere (senza grandi meriti, in realtà) il Centrodestra di Berlusconi che a questo punto si ritrova catapultato nuovamente in un gioco da cui pensava di essere stato tagliato fuori in maniera incontrovertibile.
Per quanto riguarda il discorso Quirinale sarei più propenso a dire Cancellieri, anche se devo ammettere che l’idea della Bonino non me la sento di buttarla del tutto. Rodotà mi pare un po’ troppo anziano, senza contare che ha la colpa di essere stato indicato da Grillo. Ma non mi sbilancio oltre perché si è ben visto che fine hanno fatto oggi i sondaggisti della domenica.
Ultima nota, per oggi, è la mia considerazione sulle dimissioni di Bersani: per quanto mi riguarda sono sacrosante, anche se terribilmente in ritardo: il Segretario, non-vincitore alle elezioni, avrebbe dovuto farsi da parte il giorno dopo il voto. Ma questa è un’altra storia. Di sicuro non potevano andare avanti dopo le pessime (ma veramente) figure degli ultimissimi giorni. Certo, ora ci sarà da riparlare anche della questione del Governo. Ma questo avverrà solo tra qualche giorno.
Per il momento mi fermo qui. Credo che una notte sia il tempo minimo utile per riflettere su questa clamorosa Waterloo Democratica.
Una risposta a “Waterloo Democratica”
Aggiungo, per correttezza, che Berani ha annunciato che si dimetterà non appena verrà eletto il nuovo Presidente della Repubblica