Elezioni a salve


elezioni-2018

Premessa: è tanto, troppo tempo che non scrivo qualcosa. Chi mi conosce sa che non è stato un periodo semplice. Agli altri, probabilmente, non interessa.

Mancano tre settimane al voto del 4 marzo. Una tornata elettorale che, a livello nazionale, appare sempre di più come un “colpo a salve”.

Sarà colpa della discutibile legge elettorale, dell’evoluzione tripolare o forse anche della disarmante incapacità di questa classe politica nazionale di offrire alternative credibili, ma secondo gli ultimi dati (ad esempio quelli di YouTrend) la “quota 474” (ovvero la somma dei 316 Deputati e 158 Senatori necessari per avere una maggioranza autonoma in Parlamento) appare ancora lontana per tutti i possibili apparentamenti post-voto.

Nello scenario più probabile, ovvero la vittoria numerica della cosiddetta “coalizione di centrodestra”, i seggi alla Camera sarebbero 284 e quelli al Senato 140. Nessuna possibilità di proporre a Mattarella un Governo autonomo. L’unica flebile possibilità di non gettare al vento questa consultazione (sempre numericamente parlando) sarebbe uno spostamento di circa 600.000 voti alla Camera e 400.000 voti al Senato a favore di Berlusconi & Co., almeno stando ai conteggi fatti da Piepoli su La Stampa del 09/02.

E se le cose non andassero così? Nessuna alternativa: sommando i voti di PD e Forza Italia il “Renzusconi-bis” si fermerebbe ben lontano dal quorum, mentre un accordo tra PD e M5S apparirebbe numericamente più forte ma politicamente inconsistente.

Cosa può fare dunque un singolo elettore di fronte a questo scempio? Beh, al massimo leggersi i programmi elettorali e fare qualche valutazione personale.

Escludiamo a priori tutto quello che sta a sinistra di “Liberi e Uguali” perché culturalmente e politicamente parlando sono lontani anni-luce dal mio pensiero e dalle mie convinzioni.

Passando poi al partito di Grasso e Boldrini, i due presidenti “scesi in campo”, non riesco a trovare in loro nient’altro che la costola sinistra del Partito Democratico, esiliata giorno dopo giorno dall’avvento di Renzi.

Già, il PD di Renzi… quello partito con ottimi propositi una volta “scippato” Palazzo Chigi a Enrico “stai sereno” Letta ma che poi si è perso nei personalismi, nelle rivalità e nei giochi della politica (tutto ciò che in verità il “rottamatore” diceva di voler combattere). Niente fiducia dunque per chi ora cerca, con qualche anno di ritardo, il parere ed il favore del popolo. Che in verità un assaggio di risposta l’aveva già dato quel giorno di dicembre del 2016.

Veniamo ora ai sempreverdi prati del centrodestra. Come potrebbe Berlusconi non essere ancora il leader morale di questa coalizione? Un raggruppamento di forze politiche tenute insieme solo da delicati legami artificiali, quasi una metafora delle plastiche dell’ex Cavaliere ormai ultra-ottantenne. Parliamoci chiaro, qui si è sostenuto e votato Berlusconi nel 2006 e nel 2008 ma dopo la rottura dell’Idilio con i cittadini del 2009 (“che fai, mi cacci?” e così via) nulla da quelle parti è più riuscito a stuzzicare l’interesse di un elettore liberale e liberista. Stendiamo un velo pietoso sui fatti del 2010/2011, sull’esilio e sulla complessa operazione di “restyling mediatico” che ha riportato comunque l’incandidabile Silvio al centro di un gioco a cui però non può più giocare. Come è possibile che, a 20 giorni dal voto, non si conosca ancora l’eventuale Premier designato? Tajani? Letta? Maroni? E come è possibile continuare a condurre una campagna elettorale in cui si sta promettendo tutto ed il contrario di tutto? Fornero o no? Flat tax o no? E con che soldi? Leva militare di nuovo obbligatoria? Ma andiamo… Berlusconi è stanco. Ma ad essere ancora più stanco è il partito stesso che di nuovo si fa chiamare “Forza Italia” neanche fossimo ancora nel 1994 ma che in più di venti anni non ha saputo andare oltre al partito personale nato da quel videomessaggio consegnato ormai ai libri di storia.

E quasi per magia siamo arrivati a parlare della Lega “non più Nord” di Salvini, che per queste elezioni ha escluso la “pancia” del partito a favore di intellettuali di spessore come Bagnai e Borghi. Ammettiamo che il centrodestra rastrelli quei 600.000 voti necessari ad avere una maggioranza parlamentare e che la Lega prenda un solo voto in più di Forza Italia. Con quali programmi e quale sostegno Salvini salirebbe al Colle per chiedere l’incarico di formare un Governo? “Salve Presidente, sono qui per chiedere il mandato di sbattere la porta in faccia all’UE e mandare definitivamente questo Paese in malora”. Non suona molto bene. Non sto dicendo che l’Unione Europea sia il bene assoluto e che un allontanamento dagli stretti vincoli di Bruxelles sia pura utopia, ma penso che sia chiaro a tutti che le “sparate” funzionano solo in campagna elettorale. Governare il Paese è tutta un’altra storia.

Non spenderei invece più di due righe per il restante 4%, quello dei cartelloni 6×3 con slogan tipo “Qui si fa l’Italia”. Cosa siamo, nel 1860?

Finito? Neanche per sogno! C’è ancora, sorprendentemente per quanto mi riguarda, quasi un terzo dell’elettorato attivo che probabilmente continuerà a consegnare il suo preziosissimo voto ad un partito, movimento o come diavolo si chiama che sarà indiscutibilmente il più rappresentato in Parlamento. Dico “continua” perché ormai il M5S non è affatto una novità. Continuano a presentarsi come rappresentanti della protesta, come se non avessero ottenuto già nel 2013 ben 109 Deputati e 54 Senatori. Potevano essere determinanti nel gioco delle alleanze che ha dato poi vita al Governo Letta… e invece hanno deciso di non decidere. Cinque lunghi anni di opposizione sterile per quanto mi riguarda, e l’incarico di guidare due importantissime città come Roma e Torino che non mi pare siano riuscite a costruire macchine volanti fino ad ora. Come è possibile che una manciata di click on-line, su una piattaforma non impenetrabile, possano garantire un biglietto per il Parlamento? Non ci si improvvisa politici da un giorno all’altro! Come dite? L’abbiamo già fatto in passato? Beh, direi che abbiamo i risultati davanti agli occhi ogni giorno.

Cinque anni fa, almeno per quanto mi riguarda, ho intravisto una piccola luce in fondo al tunnel. Si chiamava “Fare” ed il suo leader era Oscar Giannino. Poi tutto è svanito in una notte per colpa (ufficialmente) di un curriculum non aggiornato. O qualcosa del genere.

Votare è un diritto ed un dovere di ogni cittadino e l’astensione per me non dovrebbe nemmeno essere contemplata tra le opzioni. Chi non decide non ha poi il diritto di lamentarsi per quello che è stato deciso. Detto questo, è possibile manifestare il proprio dissenso e la propria insoddisfazione nei confronti dell’offerta politica utilizzando gli strumenti disponibili nella cabina elettorale. Sto parlando della scheda bianca e della scheda nulla.

E poi, tutti insieme, a guardare la #maratonamentana con birra e pop corn.

Colgo l’occasione per fare i miei più sinceri e disinteressati auguri a Stefano Catone, candidato alla Camera per Liberi e Uguali. Una persona che merita davvero di portare le sue idee e le sue battaglie in un Parlamento che avrebbe tanto bisogno di gente così.

[Omnia / Luca Zaccaro]


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